Nessun apparentamento per Gianni Cuperlo. Il candidato alla segreteria Pd, arrivato terzo al congresso dei circoli, ha lasciato libertà di coscienza a quanti avevano sostenuto la sua mozione. In questa intervista all’AGI spiega le ragioni della decisione e si sofferma sul futuro prossimo del partito e del centrosinistra.
Perchè ha scelto di non sostenere alcun candidato dei due che si affronteranno domenica 26 febbraio?
“Perchè dall’inizio ho contestato l’idea del congresso più importante della nostra storia come un derby tra due persone che pure stimo. Il passo avanti che ho fatto è stato il tentativo di spostare il confronto dai nomi alle idee. Lo abbiamo fatto a mani nude e senza potentati alle spalle. Conclusa la prima fase, quella del voto tra gli iscritti, abbiamo riunito i volontari che quella scommessa avevano accettato e ci siamo trovati con cinquecento tra amici e compagni a discutere e a decidere che un apparentamento avrebbe finito con l’indebolire le ragioni della nostra piattaforma. Il mio è un appello alla più larga partecipazione alle primarie di domenica prossima e naturalmente chiunque prevarrà avrà il sostegno leale di tutti noi, ma nella chiarezza e nell’autonomia di uno spirito critico che troppo spesso in passato è venuto meno”.
Vede pericoli imminenti per il Pd dopo questo congresso?
“Pericoli no, vedo una grande responsabilità in capo a ciascuno di noi ed è costruire un partito che non si chiuda dentro le istituzioni, che sappia andare a cercare il tanto di buono fuori da noi, associazioni, movimenti, il civismo migliore. La storia d’Italia ci insegna che quando i rapporti di forza sono sfavorevoli alla sinistra, le grandi riforme si possono conquistare solamente cambiando i rapporti di forza sociali nel paese ed è questo il compito che dobbiamo affrontare nella nuova stagione che si apre dopo le primarie di domenica”.
Pensa che il Pd possa recuperare ancora quell’elettorato di sinistra che è oggetto dei desideri del Movimento 5 Stelle?
“In parte lo stiamo facendo, anche se la traversata sarà lunga. Spero che il risultato delle elezioni regionali in Lazio e Lombardia abbia convinto tutti, compreso il vertice di quel movimento, che la partita non è tra le forze dell’opposizione. L’avversario, oggi come sempre, è dall’altra parte, è una destra solida che richiederà l’unità delle forze e delle culture che a quell’impianto si oppongono”.
Pensa che il M5s, cosi’ come si sta configurando, possa essere in qualche modo complementare al Pd o è destinato a rimanere un competitor interno al perimetro progressista?
“A volte conviene citare il vecchio ammonimento che Norberto Bobbio rivolse a una sinistra anche allora divisa e lacerata al suo interno. Diceva ‘discutono del loro destino senza capire che dipende dalla loro natura, decidano la loro natura e avranno chiaro il loro destinò. Parafrasando, potremmo dire che non dobbiamo discutere delle nostre alleanze senza prima chiarire la nostra identità mentre avendo chiara quella avremo chiaro anche il campo da costruire oltre le sigle e in un legame ricostruito di fiducia col paese”.
Sarebbe disposto a dare una mano a Bonaccini nel caso in cui il presidente dell’Emilia-Romagna vincesse il congresso?
“Non uso il condizionale: chiunque sarà il segretario o la segretaria del nuovo Pd avrà il mio pieno sostegno”.
Entrambi i candidati sono impegnati a prendere le distanze dai big del Pd. Secondo lei, fanno bene? Il gruppo dirigente in cosa ha sbagliato?
“Questa è una discussione che in parte non capisco e in buona misura non condivido. Ciascuna delle due candidature ha tra i suoi sostenitori esponenti che hanno ricoperto negli anni passati responsabilità di primo piano nel partito o nel governo. Sono stati compiuti degli errori ma sono state anche fatte cose importanti nell’interesse del paese. Sono risultati che io penso sia giusto rivendicare nella chiarezza dei ruoli e delle funzioni. Da parte mia sono stato spesso minoranza, anche in una stagione in cui non era semplice esercitare quel ruolo, ma non credo che la logica della rottamazione, di un cambiamento evocato in termini generici, possa aiutarci a sciogliere i nodi che solamente una riflessione seria e profonda saranno in grado di affrontare. Questo intendo quando parlo di un pensiero politico e non solo di una successione di slogan o di un elenco di riforme da fare”.
Quali sono le nuove leve su cui puntare?
“Un partito deve sapersi rinnovare anche nel processo con cui forma e seleziona le sue classi dirigenti. Aggiungo a tutti livelli. Detto cio’ mi permetto sommessamente di ricordare che la mistica della giovinezza nel secolo alle nostre spalle è stato il patrimonio dei nostri peggiori avversari e mai di una cultura, la nostra, che ha fatto del legame tra le generazioni e della trasmissione di esperienze e saperi un punto di forza e non di fragilità”.
Lei è presidente della fondazione Pd. Perchè non si mette in piedi una scuola che formi il gruppo dirigente di domani?
“Veramente per due anni abbiamo costruito una scuola di buona politica che ha coinvolto più di un migliaio di dirigenti locali, amministratori, segretari di circolo. Mi auguro che quell’esperienza possa proseguire e rafforzarsi anche con le risorse e gli strumenti che in passato purtroppo non ci sono stati”.
In quale gazebo o circolo voterà e come passerà la domenica delle primarie, come seguirà i risultati?
“Votero’ a Roma nel mio circolo, a Piazza Verbano. Come passero’ la domenica? Per certo, viste le previsioni del tempo, non andrò al mare”.