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Gianni Cuperlo - Deputato XIX Legislatura - Camera dei Deputati - Gruppo PD

Pd, congresso stanco. Volersi bene non paga. Serve più battaglia

«Il congresso Pd? Il dibattito è stanco e confuso. E questo “volersi tutti bene” non funziona. Si corre per guidare il partito della sinistra in Italia: se la posta in gioco è alta la battaglia deve essere a tratti feroce, tra alternative riconoscibili. Altrimenti come si convince la gente a votare?». E infatti il politologo Carlo Galli non ha ancora deciso se andare ai gazebo. Se andasse, però, sceglierebbe Gianni Cuperlo.

Galli, anche Piero Ignazi e Nadia Urbinati hanno scelto Cuperlo. Sta nascendo una corrente di intellettuali per lui?

«Intanto premetto che dopo la mia uscita dal Pd e la fine della mia esperienza in parlamento io non faccio più politica attiva, quindi non mi schiero, né so se andrò a votare. Tuttavia è evidente il perché gli intellettuali guardino a Cuperlo: lui è l’ultimo rappresentante di un orientamento politico, quello comunista, che riteneva fondamentale che la politica si servisse di forti strumenti culturali. Inoltre Cuperlo rappresenta l’unica possibilità di evitare che le primarie si giochino tra emiliani. Per carità, l’Emilia-Romagna va benissimo, ma il rischio di una sinistra che ripiega solo in questa regione c’è».

Però la candidatura di Cuperlo spacca la sinistra Pd: Cuperlo impedisce a Elly Schlein di vincere contro Stefano Bonaccini. Come impedì a Pippo Civati di avere chance contro Renzi nel 2013.

«Io nel 2013 c’ero e votai Cuperlo. Sommando i voti suoi e di Civati si sarebbe ottenuto solo un terzo dei voti di Renzi».

Bonaccini non è forte come il Renzi di allora, però.

«Potrei sbagliarmi ma non mi pare Schlein abbia grandi chance di vittoria su Bonaccini. Dico di più, per me Cuperlo ha qualche possibilità di uscire vincente dallo spareggio nei circoli: il voto dei tesserati che seleziona i due candidati per i gazebo. Schlein è di sinistra, sì, ma è una sinistra un po’ giovanilistica, tutta centrata sui diritti civili. Va bene, certo, ma il tema oggi è la povertà, il fatto che la gente sta male, i diritti sociali. Inoltre Schlein si candida a leader dei movimenti. Ma dove sono questi movimenti? Non ho visto popoli muoversi nelle piazze».

Dario Franceschini la appoggia, però, anche se un pezzo della sua corrente non lo farà. Le correnti del Pd si stanno rottamando da sole?

«Franceschini è sveglio. Il suo appoggio fa pensare che ritenga Schlein debole rispetto alle correnti. D’altra parte se molti non lo seguono e preferiscono votare Bonaccini è perché c’è la sensazione che questo possa vincere. E che alla fine la sua promessa di rottamare le correnti sia solo legata alla campagna elettorale. Del resto, il Pd oggi è fatto di correnti personali: chi pensasse davvero di azzerarle distruggerebbe il Pd».

Se la pensa così perché non è certo di votare, magari per Cuperlo?

«Perché Cuperlo corre generosamente per evitare che il Pd si spacchi. Ma io non sono del tutto convinto che il futuro migliore sia quello di un Pd unito. Perché non dovrebbe essere meglio avere una sinistra che abbia il coraggio di chiamarsi tale e una “destra” che possa essere del tutto liberal? Il Paese oggi è diviso, e per tenere tutti insieme, dalla sinistra ai liberali, servirebbe un partito molto grosso, e che stia al governo. In pratica servirebbe la De. E il Pd non è la De, nei numeri prima di tutto».

Per Merola questo è un congresso noioso, nonostante ieri sia spuntato un nuovo candidato: l’ex banchiere Antonio Guizzetti. Lei è d’accordo?

«Sì, molto d’accordo. Intanto la Costituente non si capisce che poteri abbia, visto che appena sono emerse idee un po’ più radicali sul Manifesto dei Valori sono state stoppate. Poi c’è anche confusione, perché assistiamo a bizzarre contrapposizioni: il dibattito ora si divide tra i socialisti, cioè la sinistra del partito, e i “laburisti”, cioè in pratica gli ex renziani del Pd. In realtà però secondo la storia e la logica i socialisti dovrebbero chiamarsi laburisti, mentre quelli che si definiscono oggi laburisti nel Pd sarebbero in realtà liberal…».

Il primo a parlare di Pd laburista è stato Matteo Lepore però. Ha anche proposto di inserire la parola lavoro nel nome Pd.

«Lepore ha usato il termine “laburista” in modo appropriato. E sono d’accordo con lui sul nome. Va cambiato e ancorato al tema del lavoro. Anche perché “Partito democratico” non significa molto: tutti siamo democratici. Sembra solo un ammiccamento ai Dem americani, il che è un po’ avvilente».

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Cuperlo
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