Offriamo questa piattaforma a iscritte e iscritti del Partito Democratico e a chi aderisce e aderirà al percorso costituente. Andiamo in controvento con un testo lungo. Però raccogliamo l’ascolto e gli spunti di tante e tanti. È un lavoro che continuerà. Intanto contiamo sulla pazienza di chi vorrà leggerlo e la creatività di chi lo colorerà arricchendolo.
A rifletterci, la promessa democratica potrebbe racchiudersi in poche righe che schierano il PD e il centrosinistra del futuro nella battaglia per promuovere e applicare i principi scolpiti nella prima parte della Costituzione. Ne indichiamo alcuni pensando siano una bussola per orientarsi nel dopo.
L’articolo 1
per non rimuovere mai la natura di una Repubblica democratica “fondata sul lavoro”.
L’articolo 3
sul compito della Repubblica di rimuovere ogni ostacolo al realizzarsi di una piena uguaglianza. E se indossi gli occhiali delle donne e dei giovani ne cogli per intero l’intensità e trovi certezza di quanto i diritti umani siano globali e indivisibili perché unica è la persona, migrante, ragazza o anziana, credente o non, a cui riconoscere libertà, giustizia, inclusione, rispetto, amore.
L’articolo 9
sulla centralità di cultura, ricerca, scienza. E su quella integrazione così fondamentale per il tempo futuro della tutela del paesaggio in un’epoca dove clima, aria, acque e terre, dovranno conoscere una rivoluzione profonda dell’intervento umano su riserve e risorse naturali.
L’articolo 11
sul “ripudio” della guerra “come strumento di offesa alla libertà di altri popoli”, oggi da tradurre nel dovere di aiutare chi resiste all’invasione del proprio paese come in Ucraina, senza mai rimuovere i tanti conflitti dimenticati sostenendo diplomazie, mobilitazioni, aiuti alle tregue, cooperazione e spiragli di pace.
L’articolo 32
sulla tutela della salute come “fondamentale diritto dell’individuo” con la garanzia di cure gratuite davvero, per primi a quanti sono costretti con sacrifici enormi a ricorrere alla sanità privata o a emigrare da casa.
L’articolo 34
su una scuola pubblica da sostenere e valorizzare.
L’articolo 36
su una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato e tale da garantire “una esistenza libera e dignitosa”.
L’articolo 39
nel sostegno ai sindacati per “stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.
L’articolo 46
perché davvero la Repubblica riconosca come da tempo accade in Germania “il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
L’articolo 49
per la trasparenza e una vera democrazia interna ai partiti.
L’articolo 53
su una vera giustizia fiscale, anche applicando lo “Statuto del contribuente” per uno Stato autorevole dove l’amministrazione fiscale non sia un nemico da combattere.
Per una sinistra in Europa e nel Mondo
Su questo sentiero dobbiamo incamminarci dopo le sconfitte subite. Dobbiamo farlo col dovere del rinnovamento del PSE e con l’ambizione di un movimento europeo che abbia prestigio e forza per un’alleanza globale sulla messa al bando delle armi nucleari, per una piena sostenibilità ambientale e per una giustizia sociale. Un’Europa dove si possano incardinare le soluzioni ai bisogni materiali e alle domande di senso che segnano il nostro tempo.
Dunque una “costituente” per tornare a immaginare una sinistra di questo tempo, pensarla e praticarla in Europa e nel nostro Paese.
Il mondo è traversato da mutamenti epocali: guerre distruttive, un capitalismo che sorveglia e orienta vite e consumi, un clima alterato dall’essere umano, l’estendersi delle mafie e di nuovi poteri criminali, la difficoltà delle democrazie a governare processi economici e sociali offrendo un senso ai più giovani e mostrando una riconoscenza alle e agli anziani.
L’Italia, per quanto sia terra unica nella bellezza e ricca di risorse umane, vede aumentare il divario tra Nord e Sud. Si allarga la forbice tra chi ha molto e chi ha sempre meno, tra chi può essere visto e chi pensa che non lo sarà mai.
È uno spaesamento che rincorre riferimenti, ma da tempo non li trova nella buona politica. Non incontra abbastanza i sindacati così decisivi per la democrazia, l’associazionismo indispensabile per la comunità, gli spazi in grandi e piccole città, nelle aree interne, anche le meglio governate.
Eppure le potenzialità della scienza, della creatività e del fare sono enormi. L’impegno e il civismo anche. Il punto è avere un pensiero sul futuro e unire buone pratiche perché è la condizione per unire i fili di una comunità.
I conflitti della storia hanno scolpito i nostri valori: libertà, solidarietà, giustizia, uguaglianza, il dialogo tra culture e religioni, il principio di laicità.
La pagina della Resistenza, la testimonianza delle madri e dei padri Costituenti sono la luce che oggi ci porta Liliana Segre quando spiega ai ragazzi perché la memoria deve diventare futuro e perché le ragazze e i ragazzi devono impadronirsene col loro linguaggio e i loro colori.
Il compito è ricollocare quei valori nel mondo di ora, nelle pieghe di sofferenze diffuse fino dentro l’Occidente, nella ricerca di un lavoro e di un reddito degni, nel bisogno di emancipazione e felicità di giovani, donne, generi e generazioni.
La rivoluzione della dignità
Questo per noi significa “scegliere”, e scegliere una parte: quella che fa della dignità – della rivoluzione della dignità – la sua ragione e scopo.
La prova è condividere con un popolo diviso e disperso che la realtà non è immodificabile e che senza una dose di sogno la democrazia e la sinistra semplicemente non sono. La condizione, però, è vederlo quel popolo, volerlo nei luoghi del confronto e nelle decisioni.
Volerli i giovani, le ragazze, chi lavora in un cantiere o davanti a un computer, chi cura un malato, chi cerca una casa a un affitto equo, chi sceglie di essere madre, chi vorrebbe coltivare il suo talento, chi è un maestro nel rifare il selciato, chi fatica per pochi euro, chi aiuta i “tuoi vecchi”, chi i carcerati, chi lo fa in Africa o con minori mandati ad attraversare il mare, chi ricerca e fa scuola. Per creare un benessere equo, diffuso e meno diseguale, contro la cultura e l’economia dello scarto, come dice Papa Francesco, e ricollocare la dignità della persona e del suo lavoro al centro delle politiche nazionali e di una nuova Alleanza internazionale.
Il mondo dove viviamo è ricco dei progressi dell’innovazione da porre a servizio della persona così da ridurre e eliminare ingiustizie intollerabili facendo sì che quanti nascono o crescono in fondo alla fila non siano condannati a rimanere lì per tutta la vita loro e dei loro figli.
l modello di capitalismo imposto sulle due sponde atlantiche negli ultimi quarant’anni ha tolto al mercato la capacità di dare un valore alle cose. In troppi contesti è divenuto strumento di una finanza “cattiva” (perché avida) disposta a speculare su tutto, compreso il cibo. L’effetto è stato una costante instabilità e un impoverimento non più sopportabili. Anche per questo serve una cultura economica e sociale profondamente rinnovata che sappia restituire centralità al lavoro come forma compiuta di cittadinanza.
Siamo dinanzi a un salto ulteriore dei processi tecnologici.
I nuovi calcolatori quantici e le forme, ormai individuali, di intelligenza artificiale che tendono a sostituire il lavoro artigiano, se non governate socialmente stanno portando da un modello basato sulla relazione uomo-macchina, quale fino a ora si realizzava mediante l’interattività umana, a quello che viene gestito direttamente dalle macchine, nella cosiddetta Internet delle cose, dove più di cinquanta miliardi di oggetti stanno entrando sulla scena con proprie attività di scambio di informazioni.
Tutto ciò rende sempre più centrale il controllo e dominio sui software di servizio che gestiscono e rendono intellegibile questo caos digitale.
In questo processo un capitolo a sé merita la genetica digitale che nell’ambito delle evoluzioni dei sistemi sanitari di diagnosi e terapia, come abbiamo visto anche nella pandemia, sta consegnando ai controllori degli algoritmi parte della nostra salute: come condividere e negoziare soluzioni che stanno diventando sempre più diffuse nei nostri ospedali e cliniche di automatizzazione delle cure?
E ancora, la rivoluzione biomedica ci consente di passare a una vera e propria capacità progettuale sulle condizioni della vita biologica in ogni sua fase. Questa capacità ha consentito di sviluppare in pochi mesi un vaccino contro il virus SARS-CoV-2 che ha salvato la vita di milioni di persone. Si tratta di un cambiamento radicale dal punto di vista sociale e culturale nei confronti del quale nessuno può più esimersi dal valutare e giustificare in modo responsabile e razionale le scelte fatte.
Un partito deve organizzare queste risposte adeguando il suo gruppo dirigente e la sua organizzazione orizzontale e partecipata a tale obiettivo.
Questo non significa più Stato, o solo più leggi, che pure devono essere elaborate a livello nazionale ed europeo così da vincolare i potentati transnazionali. Significa soprattutto più democrazia, nel senso di una maggiore capacità della società che si organizza nei partiti e nelle associazioni di rispondere alla sfida dei monopoli tecnologici con una straordinaria mobilitazione negoziale.
Negoziare le soluzioni a queste nuove sfide è il modo per restituire una missione e un riconoscimento alla politica nella società del sapere: si tratta di introdurre nel mondo digitale l’attrito di interessi e valori diversi rispetto a quello dei proprietari e dei gestori dei sistemi di calcolo. Se questo mondo rimane senza una vera dialettica negoziale si accelera la tendenza al plebiscitarismo e al populismo che si sta imponendo in maniera simultanea in tutto il mondo proprio sulla scia di questa rivoluzione passiva, di questa visione individualistica e subalterna della potenza di calcolo.
Se questo mondo rimane senza una vera dialettica negoziale si accelera la tendenza al plebiscitarismo e al populismo che si sta imponendo in maniera simultanea in tutto il mondo proprio sulla scia di questa rivoluzione passiva, di questa visione individualistica e subalterna della potenza di calcolo.
Questo significa dare forma a un ruolo negoziale di soggetti sociali che producano più innovazione e non meno, lungo una linea di condivisione e trasparenza dei sistemi algoritmici che è la più coerente con la filosofia della rete stessa.
Nel secolo scorso si è “civilizzato” il capitalismo con la negozialità di fabbrica, grazie alla abnegazione e cultura del movimento operaio e del lavoro, dell’impresa più innovativa. Oggi dobbiamo concorrere a rendere l’opportunità unica di poter sostenere la nostra vita con protesi intelligenti introducendo una dialettica di interessi e poteri che mitighino la semplice voracità di un profitto proprietario.
Ci impegneremo a lavorare con il PSE, con il Gruppo Spinelli e con la forza federalista per portare il Parlamento Europeo a redigere gli emendamenti ai Trattati necessari a realizzare le proposte della Conferenza sul futuro dell’Europa nel quadro di una riforma organica dei Trattati e ad assumere iniziative coinvolgendo i cittadini e i Parlamenti nazionali che richiamino l’attenzione sul dovere del Consiglio Europeo di avviare una Convenzione in tal senso
Il nostro obiettivo è che le elezioni del 2024 siano, nel solco di questo processo, un momento di confronto sulla rifondazione su basi federali dell’Unione europea e sulla necessità di arrivare a una Costituzione per un’Europa democratica.
Trasmettere alle prossime generazioni un mondo più ricco e meno diseguale secondo i principi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica è la bussola di un centrosinistra rinnovato, pragmatico e più ampio.
Il cammino dei diritti umani – sociali, civili e di partecipazione – non si è mai fermato, ma oggi ha bisogno di una stagione di lotte per conquistare traguardi globali attraverso la realizzazione anche in Italia degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, compresi quelli che in anni recenti hanno subito – è il caso del lavoro e della salute – brusche battute d’arresto:
- sconfitta della povertà e della fame,
- contrasto alla violenza domestica, agli stupri di guerra, alle segregazioni e persecuzioni che colpiscono donne, ragazze, comunità lgbtq+,
- diffusione di salute e servizi sanitari pubblici, consultori e rete dei centri antiviolenza, benessere, scuola,
- garanzia di acqua ed energia pulite e accessibili,
- lavoro nei diritti,
- innovazione, infrastrutture e regole nell’epoca della rivoluzione tecnologica, dei social e dell’intelligenza artificiale,
- riduzione delle disuguaglianze,
- città e comunità sostenibili,
- consumo e produzione responsabili,
- lotta al cambiamento climatico,
- tutela della vita nell’acqua e sulla terra,
- sicurezza e garanzie per le persone che non è mai repressione dei fragili, ma accoglienza, protezione, recupero del degrado, informazione sui propri diritti e conoscenza dei propri doveri, accoglienza e integrazione,
- rafforzamento della pace, della giustizia e delle istituzioni attraverso una maggiore partecipazione dei cittadini.
Per riuscirci la premessa è decidere che vogliamo un “partito” del presente con gli occhi rivolti al futuro e per questo consapevole della storia alle spalle perché nulla si ripete uguale, ma tutto può tornare.
Un nuovo Partito Democratico deve essere umile, riscoprire la bellezza di non deludere, deve riconquistare credibilità e fiducia.
Da subito quel nuovo Pd deve indicare i cardini dell’opposizione a questo governo e di un’alternativa alla destra a partire dai bisogni delle persone.
Da subito la comunità delle democratiche e democratici deve valorizzare il buono che ha dentro di sé – militanti, circoli, sindaci, amministratori – e ripensare il modo di discutere e decidere le politiche da adottare assieme al modo di formare e selezionare la classe dirigente a ogni livello.
Gli stessi obiettivi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica non vivono di buone intenzioni o di soli indirizzi nazionali se le realtà sociali, politiche e istituzionali non li declinano adattandoli alle particolarità territoriali presenti nel nostro Paese.
Con l’apertura di una “costituente” che per risultare vera dovrà proseguire oltre le primarie e radicarsi per concludersi prima delle elezioni europee del 2024 in una conferenza nazionale dove condurre a compimento quel processo confrontando strategie concrete di miglioramento del Paese alzando lo sguardo su un mondo che alcuni hanno definito semplicemente “guasto”.
È così, per molte ragioni il mondo di ora appare “malato” e se la sinistra ha una missione è quella di lottare per prendersene cura.
L’elenco delle ferite è lungo, soprattutto noto: fame, guerre, diritti umani calpestati, picchi di ricchezza e abissi di miseria, disuguaglianze ridotte tra il “vecchio” Nord e i “nuovi” Sud, ma esplose fino nel cuore delle democrazie mature.
Per decenni il racconto sulla fine delle ideologie ha camminato di pari passo con l’idea che fossero scomparse le classi. Nel segno di quella bugia il centrosinistra ha finito con lo smarrire sé stesso. Le classi esistono, diverse e più frammentate del passato, ma esistono.
Quel che non esiste più è l’edificio che al proprio interno ospitava l’”ascensore sociale” capace di far progredire le persone dal punto di partenza. Quell’edificio era una costruzione politica, economica e sociale, una architettura dei poteri statali capace di ridurre disuguaglianze trasformate oggi in ingiustizie acutissime.
Anche le ideologie continuano a esistere, e il pensiero della destra si è rivelato più capace di interpretare la rabbia degli ultimi e penultimi nella scala sociale.
Un mondo “guasto” vede la democrazia indebolita perché dotata di strumenti fragili per ridistribuire risorse, mezzi, opportunità a chi ne è nato privo o se li è visti ridurre.
La novità con cui misurarsi è anche nello slittare del baricentro della storia fuori dall’Europa e dagli Stati Uniti. Per la prima volta si forma un fronte anti-occidentale che include una maggioranza della popolazione globale.
Per tutto questo la sfida del futuro sarà culturale e di valori, di politiche e di concezione dell’economia e dei diritti umani, civili e sociali.
La sinistra ha un solo sentiero per non rimanere marginale nel processo aperto ed è ricostruire i traguardi del suo internazionalismo solidale, contro la costruzione dei muri e la chiusura dei porti.
Non c’è avvenire per i Democratici in un solo paese.
I conflitti oggi aperti e che decideranno un nuovo ordine mondiale e un’altra economia dello sviluppo si affrontano solamente in una lotta che accomuni forze e culture del socialismo e dell’universo progressista nelle loro diverse declinazioni.
La carneficina consumata in Ucraina è la testimonianza più tragica di tutto ciò. La condanna dell’invasione russa assieme al sostegno della resistenza ucraina sono la bussola per ogni giudizio sull’evolversi di quella guerra. Dalla capacità di attivare una forte azione politica e diplomatica capace di coinvolgere in primo luogo Washington e Pechino discenderà l’autonomia identitaria e politica dell’Europa nel nuovo scenario globale.
Non esiste cultura della sinistra dove al primo posto non vi siano i diritti umani universali, a cominciare da quelli delle donne.
Il Partito Democratico torni a coltivare i temi della pace, della lotta alla fame, della libertà religiosa contro ogni fanatismo e fondamentalismo.
Non è possibile né giusto rassegnarsi allo status quo. Resta vero che la lotta per la libertà non conosce confini. Al tempo stesso il pensiero e l’esperienza insegnano che quella libertà non può essere esportata con le minacce e la forza e che l’universalità dei diritti umani non può significare la reductio ad unum delle differenze di culture, religioni, tradizioni.
Questo significa cercare i mezzi, le istituzioni, le vie per conciliare la lotta per la libertà e i diritti umani con la pace. Individuare i soggetti attivi negli Stati, nei parlamenti, nelle istituzioni internazionali vecchie e nuove, nelle opinioni pubbliche e dare peso alla partecipazione di tutti quei soggetti direttamente impegnati sul campo.
Questo anche in coerenza all’articolo 118 (ultimo comma) della Costituzione che ha costituzionalizzato la presenza della cittadinanza come soggetto che si occupa dell’interesse generale allargando gli spazi di partecipazione nella costruzione e implementazione dell’agenda pubblica.
Occorre superare, prima di tutto in termini culturali, i guasti di una finanza assurta da parte di alcuni a strumento unico quanto illusorio di generazione di redditi e ricchezza. Senza restituire una centralità vera all’economia reale, costruita sui bisogni e sulla capacità di soddisfarli nel rispetto della giustizia ambientale e sociale, il processo in corso di approfondimento delle ingiustizie (il vero nome di disuguaglianze immorali) finirà per degenerare nella disperazione di troppi. Scrivere un’altra storia dev’essere il nostro traguardo.