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Gianni Cuperlo - Deputato XIX Legislatura - Camera dei Deputati - Gruppo PD
Candidato alla Segreteria del Partito Democratico
Primarie del 26 febbraio 2023
L’Italia domani

L’Italia domani

La nostra utopia deve dire in modo semplice che bisogna garantire l’autonomia sulle scelte della propria esistenza anche a chi non è nato ricco o nel posto giusto. Bisogna assicurare a ogni individuo le condizioni materiali e culturali per il pieno sviluppo della propria personalità a partire dall’effettivo esercizio dei diritti fondamentali.

Lavoro, scuola, salute, casa (vera emergenza in tante parti del Paese e non solo per i più giovani), un fisco giusto: il valore dell’uguaglianza vive qui: nella relazione tra un’esistenza “libera e dignitosa”, la qualità della democrazia e un’idea di sviluppo giusto e sostenibile sul piano ambientale, sociale ed economico.

L’orizzonte europeo – il progredire del processo di integrazione politica, economica e sociale dell’Unione Europea – per noi è la base irrinunciabile che oggi e domani può favorire la gestione di problemi e conflitti non più governabili nel perimetro degli stati nazionali.

In una formula sintetica si tratta di dare finalmente piena attuazione al secondo comma – il più “rivoluzionario” allora come oggi – dell’articolo 3 della Costituzione repubblicana (“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”). Questione tanto più urgente per i soggetti più colpiti dalla combinazione tra crisi, pandemia e guerra: donne e generi, giovani, anziani, migranti.

Per noi tutto questo significa indicare le priorità del Pd e di un nuovo centrosinistra.

  • Investire come mai prima su istruzione e formazione lungo l’intero arco della vita, nelle scuole, negli istituti tecnici e professionali, nelle università e nella ricerca.
  • Sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici in cima all’agenda per il piano energetico Green Europeo e messa a terra degli obiettivi presenti nel Pnrr.
  • Creare nuova e migliore piena occupazione. Fare della battaglia per la sicurezza sui luoghi di lavoro, contro ogni forma di illegalità e sfruttamento, una priorità nell’iniziativa politica e parlamentare.
  • Costruire un sistema fiscale in grado di garantire equità, evitando che l’intero carico pesi su una sola porzione dei contribuenti e il sistema di welfare perda così il suo carattere universalistico non essendo più sorretto da un’adeguata base fiscale. Il fisco deve tornare a essere un’espressione compiuta della cittadinanza. Fare della lotta all’evasione fiscale la battaglia da vincere nel segno del dovere di solidarietà tra i cittadini e per una piena applicazione del principio di progressività scolpito nella Costituzione. Opporsi a ogni forma di condono manifesto o mascherato, impegnare l’Europa in un’azione di contrasto ai paradisi fiscali.
  • Restituire alla battaglia per un lavoro pagato il giusto la centralità che deve avere a partire dalla “restituzione” a donne e giovani delle opportunità e dei diritti che sono stati loro negati a lungo. In questa logica va superato il Jobs act per contrastare precarietà e disuguaglianze con la previsione di un Piano straordinario di Buona Occupazione per giovani e donne.
  • Sulle disparità enormi che tuttora attraversano i mondi del lavoro va ricostruita una collaborazione tra il centrosinistra e il movimento sindacale. La via è aumentare i salari rimasti compressi negli ultimi trent’anni (a differenza di tutti gli altri paesi europei e con una perdita del potere d’acquisto di circa 2.000 euro solo nel 2022) e introdurre per legge un salario minimo legale.
  • Contrastare con una lotta esplicita e coerente la “povertà nel lavoro”: dal lavoro minorile al lavoro nero, dalla precarietà ai bassi salari fino allo sfruttamento insopportabile di un numero altissimo di migranti. Assieme a queste battaglie va affermata una “libertà nel lavoro” legata ai nuovi scenari sociali e tecnologici che possono ridurre il grado di costrizione e dipendenza di lavoratrici e lavoratori facendo crescere la loro autonomia e libertà. È anche il modo per tornare a parlare alle fasce del lavoro qualificato sapendo che nel passato sono state anche le conquiste della parte più professionale e qualificata ad aprire la via a un miglioramento delle condizioni di tutti.
  • Affrontare la questione della libertà nel lavoro comporta la ricerca di un equilibrio diverso tra regole collettive e scelte individuali. Le ricadute di tali domande sulla natura della contrattazione e della legislazione del lavoro, in Italia e in Europa, e sul ruolo e sulla natura stessa dei sindacati sono profonde.
  • Affiancare alla lotta per un lavoro dignitoso, un reddito di base per quanti un lavoro non hanno o non sono in condizione di cercarlo come fondamento senza il quale ogni libertà materiale vacilla.
  • Garantire a tutti i cittadini in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali di assistenza (LEA) e di prestazione (LEP), senza i quali qualsiasi modello di autonomia differenziata è un pericolo da scongiurare perché destinato ad allargare le diseguaglianze. All’art. 117 della Costituzione si parla della legislazione concorrente affidata alle regioni inserendo la tutela della salute. Il tema è che i LEA di fatto non sono aggiornati da 20 anni. Ad esempio la Procreazione Medicalmente Assistita è prevista dalle norme, ma non esigibile per mancanza di aggiornamento LEA e questa è una grande sconfitta perché il ruolo dello Stato è, di fatto, residuale rispetto alla garanzia dell’universalità del servizio sanitario nazionale che è la più grande conquista introdotta dalla legge di istituzione del SSN del 1978.
  • Aiutare l’impresa che investe in innovazione.
  • Modernizzare la macchina del pubblico, in efficienza, semplificazione e riordinando la sfera del diritto in una economia destinata a mutare ancora.
  • Intervenire sul sistema pubblico di cura, prevenzione e tutela della salute con una revisione della spesa pubblica (compresi benefici, trasferimenti, agevolazioni e aliquote fiscali).
  • Rinnovare quella formidabile architettura, il welfare state, che dalla seconda metà del Novecento grazie all’impulso del socialismo democratico e del personalismo cristiano ha promosso una concezione universalistica dell’assistenza (socio-sanitaria e previdenziale). Farlo nel tempo attuale significa prevedere una nuova architettura del modello da adattare alle esigenze di una società mutata per dinamiche demografiche e territoriali, introducendo un criterio indispensabile di prossimità nella fruizione dei servizi con particolare attenzione alle aree interne.
  • Assumere i diritti e le tutele di lavoratrici e lavoratori – tutte e tutti i lavori – ampliando le garanzie per i singoli, contro ogni loro compressione a partire dalle condizioni di lavoro dei migranti. Per fare questo bisogna disboscare la giungla di tipologie contrattuali che rendono possibile l’assurdità di mansioni identiche retribuite in maniera decisamente diversa.
  • Non eludere il tema della riforma costituzionale, ritenendola condizione stessa per la difesa della Costituzione. La destra ora al governo evoca un presidenzialismo strumentale e confuso, ne fa una versione di propaganda senza alcuna seria ricerca sui contrappesi e sulle garanzie di un cambiamento così radicale della forma di governo. Il fallimento della riforma costituzionale bocciata nel referendum del 4 dicembre 2016 resta un macigno, oggi è compito del nuovo Pd elaborare e discutere con un metodo profondamente diverso e coinvolgente la nostra posizione su un capitolo decisivo per la qualità della democrazia.

Non scopriamo da ora quanto i diritti umani, sociali, civili, siano intrecciati e indivisibili. Come tali vanno difesi e promossi in ogni ambito e contesto. Contrapporli significa scomporre la dignità di una persona che voglia essere madre o padre, lavorare, fare una dichiarazione anticipata del suo finire la vita, amare, informarsi, studiare o attraversare il mare con la propria creatura, ribellarsi o solidarizzare.

Unire i diritti è parte della modernità più riflessiva, composta e aggregante di speranze.
Unire i diritti fa unire i popoli e accrescere i doveri propri e degli altri.

La nuova destra al potere vuole colpire alcune di quelle conquiste e non a caso sceglie messaggi di rivincita e reazione contro la libertà e la responsabilità delle donne.

Quella destra sa che la consapevolezza e la forza delle donne è premessa dei diritti umani di tutti e che ridurre l’autonomia delle ragazze e delle donne fa arretrare senso comune, cultura, uguaglianza, rispetto.

Provano a farlo con leggi che mettono in discussione principi fondanti della cultura e civiltà europea in un processo che trova oggi in paesi quali Polonia e Ungheria la sperimentazione più aggressiva.

Per questo ogni capitolo sulle donne e sul genere è riduttivo. Perché è come scrivere un capitolo sull’umanità intera. E allora, certo, le politiche e i programmi, ma proprio se la realtà la si osserva con gli occhi di donne e giovani a dover cambiare prima di ogni altra cosa è la cultura di un partito.

Tanto è ancora da scrivere e da sperimentare se davvero vogliamo riconoscere la “differenza”.

Ogni tasto va suonato: regole da applicare davvero e non come è accaduto con le ultime liste elettorali, specie in alcune regioni del Sud, piani per il lavoro, stipendi adeguati, ma poi l’ultima e la prima parola sta a come le democratiche e la sinistra decideranno di vivere la loro autonomia nel nuovo PD visto che dopo quindici anni di vita moltissimo resta da dirsi e da fare.

In un mondo dove cambiano le forme della conoscenza e del potere, della cittadinanza e della mobilità, il modello sociale europeo e una gestione regolata del flusso di profughi e migranti restano bussole di un centrosinistra coerente con i suoi principi.

La nuova divisione tra destra e sinistra si misurerà sull’inclusione delle persone in una società solidale, sull’idea di uno sviluppo sostenibile, su una visione che affronti con istituzioni e vie di cooperazione la questione demografica globale e il cambiamento climatico.

Lo sguardo nuovo deve tenere assieme le ragioni della produzione con quelle della vita e della sua dignità in ogni momento. Recentemente la Pandemia ci ha insegnato quanto fragili siano i nostri corpi e quanto sia profondo il bisogno di cura, sanità, scuola.

Su ciascuna di queste voci servirà un programma calato ai dettagli. Ma dovrà essere il frutto di una discussione larghissima e di una mobilitazione dal basso. Fuori e dentro il Partito Democratico – tra le tante e i tanti che qui sono rimasti, i molti che hanno scelto di andare altrove e i tantissimi che non abbiamo mai raggiunto – vivono competenze che non si è voluto valorizzare. È tempo di farlo. Ora, quando l’immagine della sinistra appare logorata da scandali e divisioni che quasi mai si esprimono nella limpidezza di strategie alternative.

Rialzarsi dopo la sconfitta del 25 settembre non è solo possibile, oggi è necessario.

Per riuscirci bisogna avere il coraggio di cambiare tutto quanto non abbiamo cambiato prima.

Il nostro congresso è l’occasione per dirlo.
Ma soprattutto è il momento per farlo. Insieme.