La nostra utopia deve dire in modo semplice che bisogna garantire l’autonomia sulle scelte della propria esistenza anche a chi non è nato ricco o nel posto giusto. Bisogna assicurare a ogni individuo le condizioni materiali e culturali per il pieno sviluppo della propria personalità a partire dall’effettivo esercizio dei diritti fondamentali.
Lavoro, scuola, salute, casa (vera emergenza in tante parti del Paese e non solo per i più giovani), un fisco giusto: il valore dell’uguaglianza vive qui: nella relazione tra un’esistenza “libera e dignitosa”, la qualità della democrazia e un’idea di sviluppo giusto e sostenibile sul piano ambientale, sociale ed economico.
L’orizzonte europeo – il progredire del processo di integrazione politica, economica e sociale dell’Unione Europea – per noi è la base irrinunciabile che oggi e domani può favorire la gestione di problemi e conflitti non più governabili nel perimetro degli stati nazionali.
In una formula sintetica si tratta di dare finalmente piena attuazione al secondo comma – il più “rivoluzionario” allora come oggi – dell’articolo 3 della Costituzione repubblicana (“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”). Questione tanto più urgente per i soggetti più colpiti dalla combinazione tra crisi, pandemia e guerra: donne e generi, giovani, anziani, migranti.
Per noi tutto questo significa indicare le priorità del Pd e di un nuovo centrosinistra.
- Investire come mai prima su istruzione e formazione lungo l’intero arco della vita, nelle scuole, negli istituti tecnici e professionali, nelle università e nella ricerca.
- Sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici in cima all’agenda per il piano energetico Green Europeo e messa a terra degli obiettivi presenti nel Pnrr.
- Creare nuova e migliore piena occupazione. Fare della battaglia per la sicurezza sui luoghi di lavoro, contro ogni forma di illegalità e sfruttamento, una priorità nell’iniziativa politica e parlamentare.
- Costruire un sistema fiscale in grado di garantire equità, evitando che l’intero carico pesi su una sola porzione dei contribuenti e il sistema di welfare perda così il suo carattere universalistico non essendo più sorretto da un’adeguata base fiscale. Il fisco deve tornare a essere un’espressione compiuta della cittadinanza. Fare della lotta all’evasione fiscale la battaglia da vincere nel segno del dovere di solidarietà tra i cittadini e per una piena applicazione del principio di progressività scolpito nella Costituzione. Opporsi a ogni forma di condono manifesto o mascherato, impegnare l’Europa in un’azione di contrasto ai paradisi fiscali.
- Restituire alla battaglia per un lavoro pagato il giusto la centralità che deve avere a partire dalla “restituzione” a donne e giovani delle opportunità e dei diritti che sono stati loro negati a lungo. In questa logica va superato il Jobs act per contrastare precarietà e disuguaglianze con la previsione di un Piano straordinario di Buona Occupazione per giovani e donne.
- Sulle disparità enormi che tuttora attraversano i mondi del lavoro va ricostruita una collaborazione tra il centrosinistra e il movimento sindacale. La via è aumentare i salari rimasti compressi negli ultimi trent’anni (a differenza di tutti gli altri paesi europei e con una perdita del potere d’acquisto di circa 2.000 euro solo nel 2022) e introdurre per legge un salario minimo legale.
- Contrastare con una lotta esplicita e coerente la “povertà nel lavoro”: dal lavoro minorile al lavoro nero, dalla precarietà ai bassi salari fino allo sfruttamento insopportabile di un numero altissimo di migranti. Assieme a queste battaglie va affermata una “libertà nel lavoro” legata ai nuovi scenari sociali e tecnologici che possono ridurre il grado di costrizione e dipendenza di lavoratrici e lavoratori facendo crescere la loro autonomia e libertà. È anche il modo per tornare a parlare alle fasce del lavoro qualificato sapendo che nel passato sono state anche le conquiste della parte più professionale e qualificata ad aprire la via a un miglioramento delle condizioni di tutti.
- Affrontare la questione della libertà nel lavoro comporta la ricerca di un equilibrio diverso tra regole collettive e scelte individuali. Le ricadute di tali domande sulla natura della contrattazione e della legislazione del lavoro, in Italia e in Europa, e sul ruolo e sulla natura stessa dei sindacati sono profonde.
- Affiancare alla lotta per un lavoro dignitoso, un reddito di base per quanti un lavoro non hanno o non sono in condizione di cercarlo come fondamento senza il quale ogni libertà materiale vacilla.
- Garantire a tutti i cittadini in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali di assistenza (LEA) e di prestazione (LEP), senza i quali qualsiasi modello di autonomia differenziata è un pericolo da scongiurare perché destinato ad allargare le diseguaglianze. All’art. 117 della Costituzione si parla della legislazione concorrente affidata alle regioni inserendo la tutela della salute. Il tema è che i LEA di fatto non sono aggiornati da 20 anni. Ad esempio la Procreazione Medicalmente Assistita è prevista dalle norme, ma non esigibile per mancanza di aggiornamento LEA e questa è una grande sconfitta perché il ruolo dello Stato è, di fatto, residuale rispetto alla garanzia dell’universalità del servizio sanitario nazionale che è la più grande conquista introdotta dalla legge di istituzione del SSN del 1978.
- Aiutare l’impresa che investe in innovazione.
- Modernizzare la macchina del pubblico, in efficienza, semplificazione e riordinando la sfera del diritto in una economia destinata a mutare ancora.
- Intervenire sul sistema pubblico di cura, prevenzione e tutela della salute con una revisione della spesa pubblica (compresi benefici, trasferimenti, agevolazioni e aliquote fiscali).
- Rinnovare quella formidabile architettura, il welfare state, che dalla seconda metà del Novecento grazie all’impulso del socialismo democratico e del personalismo cristiano ha promosso una concezione universalistica dell’assistenza (socio-sanitaria e previdenziale). Farlo nel tempo attuale significa prevedere una nuova architettura del modello da adattare alle esigenze di una società mutata per dinamiche demografiche e territoriali, introducendo un criterio indispensabile di prossimità nella fruizione dei servizi con particolare attenzione alle aree interne.
- Assumere i diritti e le tutele di lavoratrici e lavoratori – tutte e tutti i lavori – ampliando le garanzie per i singoli, contro ogni loro compressione a partire dalle condizioni di lavoro dei migranti. Per fare questo bisogna disboscare la giungla di tipologie contrattuali che rendono possibile l’assurdità di mansioni identiche retribuite in maniera decisamente diversa.
- Non eludere il tema della riforma costituzionale, ritenendola condizione stessa per la difesa della Costituzione. La destra ora al governo evoca un presidenzialismo strumentale e confuso, ne fa una versione di propaganda senza alcuna seria ricerca sui contrappesi e sulle garanzie di un cambiamento così radicale della forma di governo. Il fallimento della riforma costituzionale bocciata nel referendum del 4 dicembre 2016 resta un macigno, oggi è compito del nuovo Pd elaborare e discutere con un metodo profondamente diverso e coinvolgente la nostra posizione su un capitolo decisivo per la qualità della democrazia.
Non scopriamo da ora quanto i diritti umani, sociali, civili, siano intrecciati e indivisibili. Come tali vanno difesi e promossi in ogni ambito e contesto. Contrapporli significa scomporre la dignità di una persona che voglia essere madre o padre, lavorare, fare una dichiarazione anticipata del suo finire la vita, amare, informarsi, studiare o attraversare il mare con la propria creatura, ribellarsi o solidarizzare.
Unire i diritti è parte della modernità più riflessiva, composta e aggregante di speranze.
Unire i diritti fa unire i popoli e accrescere i doveri propri e degli altri.
La nuova destra al potere vuole colpire alcune di quelle conquiste e non a caso sceglie messaggi di rivincita e reazione contro la libertà e la responsabilità delle donne.
Quella destra sa che la consapevolezza e la forza delle donne è premessa dei diritti umani di tutti e che ridurre l’autonomia delle ragazze e delle donne fa arretrare senso comune, cultura, uguaglianza, rispetto.
Provano a farlo con leggi che mettono in discussione principi fondanti della cultura e civiltà europea in un processo che trova oggi in paesi quali Polonia e Ungheria la sperimentazione più aggressiva.
Per questo ogni capitolo sulle donne e sul genere è riduttivo. Perché è come scrivere un capitolo sull’umanità intera. E allora, certo, le politiche e i programmi, ma proprio se la realtà la si osserva con gli occhi di donne e giovani a dover cambiare prima di ogni altra cosa è la cultura di un partito.
Tanto è ancora da scrivere e da sperimentare se davvero vogliamo riconoscere la “differenza”.
Ogni tasto va suonato: regole da applicare davvero e non come è accaduto con le ultime liste elettorali, specie in alcune regioni del Sud, piani per il lavoro, stipendi adeguati, ma poi l’ultima e la prima parola sta a come le democratiche e la sinistra decideranno di vivere la loro autonomia nel nuovo PD visto che dopo quindici anni di vita moltissimo resta da dirsi e da fare.
In un mondo dove cambiano le forme della conoscenza e del potere, della cittadinanza e della mobilità, il modello sociale europeo e una gestione regolata del flusso di profughi e migranti restano bussole di un centrosinistra coerente con i suoi principi.
La nuova divisione tra destra e sinistra si misurerà sull’inclusione delle persone in una società solidale, sull’idea di uno sviluppo sostenibile, su una visione che affronti con istituzioni e vie di cooperazione la questione demografica globale e il cambiamento climatico.
Lo sguardo nuovo deve tenere assieme le ragioni della produzione con quelle della vita e della sua dignità in ogni momento. Recentemente la Pandemia ci ha insegnato quanto fragili siano i nostri corpi e quanto sia profondo il bisogno di cura, sanità, scuola.
Su ciascuna di queste voci servirà un programma calato ai dettagli. Ma dovrà essere il frutto di una discussione larghissima e di una mobilitazione dal basso. Fuori e dentro il Partito Democratico – tra le tante e i tanti che qui sono rimasti, i molti che hanno scelto di andare altrove e i tantissimi che non abbiamo mai raggiunto – vivono competenze che non si è voluto valorizzare. È tempo di farlo. Ora, quando l’immagine della sinistra appare logorata da scandali e divisioni che quasi mai si esprimono nella limpidezza di strategie alternative.
Rialzarsi dopo la sconfitta del 25 settembre non è solo possibile, oggi è necessario.
Per riuscirci bisogna avere il coraggio di cambiare tutto quanto non abbiamo cambiato prima.
Il nostro congresso è l’occasione per dirlo.
Ma soprattutto è il momento per farlo. Insieme.